Perugia, 25 marzo 2011
Giovanna Bruschi per Ornella Zuccherini
“Limpide atmosfere”
Il principale obiettivo degli artisti è riuscire a catturare la luce. Verosimilmente con la tecnica ad acquerello sembra che si possano ottenere esiti abbastanza significativi in merito, ma con differenti effetti, perché è la personalità dell’artista che si evidenzia nella qualità stilistica esecutiva, attraverso preziose soluzioni identificative. Nel caso della pittrice Ornella Zuccherini i segni che la contraddistinguono seguono in primis l’analisi dei soggetti scelti con una traccia disegnativa che ne stabilizza i profili. Ne segue un’azione di interazione creata da zone cromatiche espanse sul foglio umido con pennellate dal tocco sapiente, gesto spontaneo quasi carezza, per l’effetto velatura reso dalle trasparenze che solo l’acquerello può restituire.
I soggetti privilegiati dall’artista sono scelti con cura per suscitare nell’osservatore una piacevole risposta estetica. È nella natura che Ornella trova l’ispirazione, ne è un esempio particolarmente significativo il dipinto che presenta un percorso lungo i fianchi di una collina coperta da ciuffi di lavanda; se ne avverte addirittura la fragranza, la spiritualità come se il cammino fosse rivolto alla natura per intonare un canto al Serafico Santo Francesco, che del creato ha fatto il suo Vangelo.
Perugia,19 agosto 2011
Giovanna Bruschi per Maria Antonietta Giannini
L’avvicinarsi all’arte prova in sé il cambiamento che comporta il vedere, fuori di sé, le tracce, i segni del proprio essere, e contribuisce ad affinare una sensibilità nel relazionare con le persone.
Questa premessa per entrare, in punta di piedi, nel mondo pittorico di Maria Antonietta Giannini costituito dall’artista come rifugio – liberazione dagli affanni quotidiani nell’urgenza di fermare sulla tela il tempo, il piacere e la serenità di un luogo o di una situazione. I valori della vita, della famiglia, della fede sono alla base delle argomentazioni scelte per esternare il suo urlo interiore. L’ambiente rurale, i casolari che invitano a raccogliere tracce della storia, scorci di strade cittadine, vicoli, piazzette, paesaggi e complessi urbani profilati all’orizzonte con la presenza di una umanità al lavoro per maggiori pulsazioni, animano le tele.
Maria Antonietta riesce a gestire la materia pittorica in modo da rendere l’impalpabile leggerezza dell’aria che avvolge tutto, è come se il dipinto respirasse nelle diverse atmosfere e condizioni climatiche. Protagonista essenziale nei suoi dipinti è il vento di cui l’artista riesce a ricreare gli effetti del movimento per rappresentare il moto della natura e della propria interiorità.
La pennellata sicura, il dominio dei contorni che risultano vibranti alla luce non ricalcano orme del passato, come sarebbe facile suggerire, ma sono immediate e fresche campiture cromatiche, che appaiono con la stessa armonia delle note musicali mantenendo intatto l’effetto leggero e profumato dell’atmosfera avvolgendo tutto di una piacevole gradevolezza.
Perugia, 03/12 2011
Giovanna Bruschi per Barsanofio Ariano
Acquerelli
Stagioni, luci e sensazioni
“Galleria Sansalù al Borgo”
L’arte è spirito, rivelazione, ma anche tecnica, applicazione di scienza e razionalità; caratteristiche queste, che si possono rilevare negli acquerelli di Ariano Barsanofio, dove il colore, come luce, diventa mezzo di comunicazione attraverso gli elementi della composizione; ne restituisce i valori di luminosità, ne costituisce così il carattere e l’effetto e riesce a distinguere l’accidentale dall’essenziale.
Perugia, 16/12/2011
Giovanna Bruschi per Alfredo De Poi
…
Un secolo, un giorno, un minuto
non fa differenza.
Vedere un istante
illumina tutto.
Questi i versi di Alfredo, sintesi perfetta della vita.
Coincidono con la frase della Beata Angela da Foligno, dal Memoriale:
“E vidi Dio”. “… divenni NON AMORE”.
Ora Alfredo è Tutto nel Tutto, mentre per noi è promessa e speranza.
Perugia, 12 febbraio 2006
Giovanna Bruschi, Acronimi Ritratti, Personale di Angelo Buonumori
[Rimango piacevolmente sorpresa ed emozionata nel rivedere dopo tanti anni ( da quando eravamo studenti) Angelo Buonumori, artista protagonista di una mostra ospitata all’interno della Rocca Paolina a Perugia, nelle sale della Cannoniera; una struttura architettonica recuperata e utilizzata anche come attraente cornice per eventi culturali oltre che camminamento pedonale per raggiungere il centro storico della città. Lo spazio è suggestivo, in questo caso si può veramente parlare di alleanza tra architettura e pittura.
“Acronimi ritratti” è il titolo della mostra che vuole essere una ricerca sul tema del ritratto. I soggetti che escono da larghi piani, sono dipinti su tele bianche luminosissime e creano un forte impatto visivo, sicuramente voluto, considerata anche la cornice austera degli ambienti. Angelo Buonumori in ogni quadro riesce a rivelarci il carattere dei modelli attraverso un’espressione tipica o un atteggiamento singolare, quasi personaggi del romanzo o del teatro. Sono rappresentazioni convincenti ma è certo che vengono messi in luce solo alcuni aspetti del complesso essere umano.
“Avevo un profondo desiderio di ritornare a dipingere …”, sono le parole di Angelo e in effetti guardando le opere si percepisce il piacere trasmesso dalla bella pittura; le immagini sono ferme in atteggiamenti ieratici come venivano dipinte nel passato. Ogni cosa è intrisa di tempo e così anche nell’arte di Angelo è evidente il presente e il passato in un gioco programmato e condizionato dai soggetti scelti. Per quanto riguarda la struttura dei dipinti l’artista ha orientato la sua scelta privilegiando la linea nera su fondo bianco tesa a seguire il profilo delle figure svuotate, forse, per far risaltare il volto dipinto, oppure per denunciare il vuoto di oggi ed ancora con una lettura più suggestiva si può pensare a presenze ritornate dal passato, i fantasmi, perché no, degli stessi Baglioni, celati dietro le sembianze di autorità politiche, personaggi e amici di Angelo Buonumori. Tutto sembra possibile e affascinante, come un invito a Palazzo all’epoca della Signoria che rivive romanticamente attraverso le tele in una sorta di Corte attualizzata in cui i personaggi pubblici, gli amici, i familiari, vestiti come i signorotti di allora e con gli atteggiamenti dei personaggi del Rinascimento risvegliano, forse, nei perugini una ‘peruginità’ sopita.
Non va sottovalutato, in ultima analisi, l’aspetto tecnico artistico voluto da Angelo, far convivere armoniosamente pittura e fotografia: il ritratto fotografico che dipende da quello pittorico o viceversa, il relativo accordo (non tanto teorico quanto di gusto) fra la riproduzione del modello e la sua idealizzazione cioè fra storia e poesia. Di conseguenza emerge il protagonismo del personaggio ritratto, come luogo privilegiato, spazio dell’eroe. Un artista tecnologico come Angelo conoscitore dei nuovi mezzi di comunicazione ha saputo studiare e valorizzare le nuove frontiere spazio-temporali creando ambienti artificiali, metafore del mondo con cui il fruitore può interagire lavorando sulla percezione dello spazio, sui concetti di presenza e assenza e sulle opportunità offerte da una tecnologia che consente di eludere la distanza fisica tra le persone. Allora grazie Angelo per questo dono, non una mostra, ma una spinta per trovare anche in noi i valori che tanto vengono conclamati ma che sembra nessuno riesca con coerenza a riconoscere e applicare.]
Perugia, 06/06/2005
Giovanna Bruschi, Un Amico Incisore, Testimonianze su Padre Diego Donati, Associazione Culturale La Postierla, Perugia, Guerra Edizioni, dicembre 2005, pp. 5 – 41.
Provo una dolce sensazione mista ad emozione nel ricordare p. Diego Donati, chiamato da me Diegone, per la sua conformazione fisica. Ricordo le sue grandi mani che orchestravano i movimenti e contemporaneamente le sue parole quando mi spiegava: “… devi accarezzare la lastra, come se fosse un corpo …”. Seguiva un simbolico bacio alla matrice, pronta per la stampa, come ultimo atto di benvenuto rivolto ad una nuova presenza. C’era proprio ‘amore’ nei gesti di p. Diego, nelle sue parole di eccezionale umanità e nei suoi preziosissimi insegnamenti. Osservando il risultato grafico assimilavo non solo la tecnica, ma anche la forza espressiva che scaturiva dai soggetti scelti: oggetti composti nelle nature morte, paesaggi costruiti con tracciati di sottili linee di raccordo e d’intreccio. Caratteristico il suo modo di rendere anche gli ambiti spaziali e le tematiche spirituali che erano la fonte della sua immaginazione in cui le profondità e le dilatazioni, il respiro e le compressioni, evocavano i momenti più profondi dell’essere vissuto che ancora oggi impressionano la memoria e che spingono alla comunicazione, alla relazione e all’azione. Mi piace ricordare p. Diego nel suo studio laboratorio all’interno del Convento di Monteripido dove, circondato dal calore di molti amici e colleghi, era sempre disponibile all’ascolto ed al consiglio. Lo sento presente e questo è per me di grande conforto.]
Perugia, 19 novembre 2006
Giovanna Bruschi, riflessioni su Alberto Schiavi
“Visioni oniriche” di Alberto Schiavi
È recente l’incontro con Alberto Schiavi, un felice incontro con l’uomo e l’artista.
I suoi traguardi estetici, che non si basano su delle regole, ma sulla pura percezione, coadiuvata dall’intuizione e dall’introspezione, richiamano la meditazione sul colore che ci viene da Paul Klee, finissimo pittore introspettivo; e si tratta di una meditazione estensibile a tutta la vastissima gamma dei colori, colori che Alberto Schiavi conduce quasi orchestrando una sinfonia pittorica.
Le gamme cromatiche vengono domate, sottomesse, per trasformarsi in “lame di luce” protagoniste assolute, delle sue “visioni oniriche” di cui costituiscono il carattere e l’effetto.
Perugia, 26 novembre 2006.
Giovanna Bruschi, riflessioni su Colombo Manuelli
LUCE/NOTTE
Perugia, Rocca Paolina, 17/26 novembre 2006-11-26
Mi sono emozionata!… Sei riuscito a liberare l’energia pura di chi è arrivato … arrivato a comprendere lo spazio “altro”. La materia e la forma sembrano essere ormai un ricordo lontano. Cerchi di scolpire lo spazio inesprimibile perché invisibile, e urlare dalla tua interiorità il nuovo messaggio, per risvegliare anche in noi il valore di questa preziosa ricerca. Nella possente e buia struttura della Rocca Paolina la voce del mare attrae il visitatore. Si sente il suono cupo profondo delle onde nella risacca e il continuo lento movimento del mare che assume, a mio avviso, un valore cosmico. Ti servi dell’acqua, prezioso nutrimento, materiale e spirituale per dire che anche noi siamo idealmente divisi a metà. Dimostri di essere approdato nello spazio della ‘verità invisibile’ dove l’Io cresce in modo smisurato proteso alla perfezione dell’essere, dove si trova il coraggio del pioniere nella ricerca di un linguaggio capace di soddisfare la percezione dei sensi.
Così per condurre l’osservatore nel tuo viaggio interiore, proponi un pensiero di Parmenide <frammento n° 5 frase imprigionata in una corona di circonferenza luminosa, un percorso stimolante e soggettivo, un invito alla meditazione come inizio.
Grazie per tale dono.
Perugia, 30 ottobre 2007
Giovanna Bruschi per Daniele Mancini
“La materia scabra e porosa come sostanza della forma”
Fedele ad un suo istinto generoso e popolare, ignorando volutamente ogni regola formale, Daniele Mancini dal 1991 lavora il legno d’olivo e la pietra in tutte le sue varietà, consegnando al mondo e alla storia opere semplici, disadorne, ma essenziali nel risultato, di una autenticità espressiva interna all’immagine stessa, non sovrapposta nel ruolo di involucro epidermico.
L’evasione e l’aderenza delle scelte tematiche è totale, categorica e conferisce alle suggestioni ancestrali valore primario.
Perugia, 16 febbraio 2009
Giovanna Bruschi per Marco Pedetta Jensen
AMORE x AMORE
Non è facile collocare nel quadro storico artistico l’opera pittorica di Marco Pedetta Jensen.
Si potrebbe indicare una possibile simpatia per il New Dada, caratterizzato dall’uso dell’oggetto di consumo quotidiano, dal procedimento di montaggio o rielaborazione di elementi caratteristici della comunicazione di massa:
“L’opera d’arte non deve rappresentare la bellezza che è morta” scriveva Tzara nel manifesto Dada del 1918.
Per Jensen la tela è il luogo dove poter liberare i propri sogni, esprimere la bellezza, la purezza, la freschezza, la libertà che è dentro di lui. Jensen non si rifugia in meccanismi intricati, in forme di meditazione filosofeggianti; lui è un puro, ha un istinto vero, autonomo, d’artista fuori dalle regole; è rimasto bambino felice quando ferma sulla tela frammenti e oggetti caduti in disuso, per creare nuovi mondi, come se il supporto fosse una tavola imbandita, il luogo dove posizionare gli elementi seguendo una logica interiore, ricoprendoli con pennellate o addirittura immergendoli nel colore per dare, ai protagonisti del suo pensiero, un nuovo vestito e un diverso significato.
Completano l’istallazione i giochi, amici fedeli della sua infanzia, poggiati per terra a seguire ortogonalmente la linea di congiunzione dei tre piani che circoscrivono lo spazio espositivo. Il contatto con il pavimento, letto simbolicamente come se fosse il mondo, la realtà, si sublima con l’ideale, configurato dalla parete verticale dove, nello slancio verso l’alto, si trova la verifica dell’esistenza alla quale l’artista aspira, pur rimanendo ancorato ai propri sogni.